Partiti e politica

Interessante il sondaggio su partiti e politica pubblicato dalla "Stampa" del 19 giugno. 
La premessa soprattutto: dal 1989 assistiamo in Italia ad un "assestamento del sistema politico nazionale" che "a distanza di circa un quarto di secolo (sic!) non ha ancora trovato un consolidamento". Nel frattempo il mondo è cambiato, siamo nel pieno di una crisi globale, mentre il terrorismo è ormai arrivato e quotidianamente si manifesta nel cuore dell'Europa. 

Eppure anche in presenza di un'opinione pubblica disillusa e disorientata qualcosa "sta mutando negli orientamenti" nei riguardi della politica e dei suoi strumenti. Infatti "nonostante tutto, per una larga parte della popolazione i partiti sono ritenuti un elemento essenziale per l'esercizio della democrazia: il 68% ritiene che senza di essi la democrazia non possa funzionare".
Nonostante dunque le retoriche dell'antipolitica, del populismo, dei partiti leggeri o di plastica, del "decide la rete", in verità "prevale l'idea che un'organizzazione strutturata del consenso e presente sul territorio sia ancora lo strumento più adeguato a far funzionare la democrazia". E proprio fra i giovani il 72,7% ritiene indispensabile l'organizzazione partitica.
Naturalmente non i partiti vecchi o quelli che sopravvivono oggi. Si tratta di "ripensare la forma partito"; la stessa differenza destra-sinistra non va più declinata nei termini del passato, ma resta indispensabile, una bussola della politica; naturalmente passibile anch'essa di "una riflessione radicale sugli orizzonti di valore, sulle visioni di fondo e gli indirizzi d'azione".
Dunque quello che i cittadini chiedono e che è indispensabile è che "alla forma partito venga anteposta una riflessione sulle culture politiche, sui valori di riferimento ecc."
Teoria e prassi si sarebbe detto una volta, di certo cultura politica e organizzazione di partito. Le due cose insieme.
Il dato importante è che i cittadini si aspettano questo, risulta infatti "in aumento l'interesse delle politica". C'è una domanda che sale. Il referendum del 4 dicembre lo ha dimostrato.
Occorre una politica capace di cogliere i segni dei tempi e organizzarli. 

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