Declino della politica

Piero Bevilacqua ha dedicato alcune considerazioni al "declino della politica" in tempi di liberismo dilagante, in cui lo stato e i poteri pubblici, cioè la pubblicità e democraticità del potere, sono "deperiti" ovvero subordinati alla logica degli interessi dominanti ed affluenti.
Qui interessa però soprattutto la parte sulla alternativa possibile a questo stato di cose.
Bevilacqua denuncia giustamente la crisi dei movimenti (vari no global e simili). Scrive: "il Forum mondiale nato a Seattle nel 1999, che ormai lavora un anno per organizzare un incontro di pochi giorni, mostra l'esaurimento della formula. I movimenti non durano senza solidificarsi in istituzioni". E proprio questo è il punto. Il movimento no global fino ai recenti occupy è stato fuffa. Indice di un generico malessere mai davvero capace di alternativa alla finanziarizzazione del pianeta.
Il problema è sempre stato ed è tutt'ora "solidificarsi in istituzioni", darsi strutture, programmi, prospettive su base nazionale e internazionale (giustamente Bevilacqua denuncia l'incapacità anche dei sindacati europei di darsi una piattaforma comune e soprattutto di promuovere manifestazioni coordinate in tutti i paesi).
"Infine i partiti" conclude Bevilacqua. Fa l'esempio dell'Italia in cui "i tentativi di crearne di nuovi sono stati, o sono diventati, progetti di ricostituzione di rappresentanze parlamentari"; prima il gruppo parlamentare poi, semmai, il partito.
Crisi della politica è anche questo: incapacità di mettere le cose in fila. Di inserire correttamente le tessere del puzzle. Crisi di intelligenza politica. Di classi dirigenti.
  

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