Ontologia e libertà. Su Savinio

Scrivendo all'indomani della caduta del fascismo Alberto Savinio affermava: "Alla forma aristotelica dell'unità di tempo ho preferito la libertà di tempo e di spazio che Shakespeare -e il cinematografo- danno alle tragedia, ai drammi, alle commedie e alle farse della vita. Del resto c'è del 'fascismo' nell'unità aristotelica (ed è motivo di profonda tristezza per me il costante aristotelismo degli italiani, espresso soprattutto attraverso l'unità e l'accentramento mentale del cattolicesimo) e c'è del democratismo invece, c'è il senso felice della libertà nella forma 'a variazioni sceniche' di Shakespeare".

Con alcune precisazioni, il senso ultimo della affermazione di Savinio è acuto e condivisibile.
Nell'ordine: 1) Aristotele non c'entra niente con la "unità" di fondo che struttura l'ideologia fascista, si tratta sì di unità, ma non aristotelica, eleatica bensì. E' l'ontologia a fondare il "fascismo" e in genere il totalitarismo; 2) è giusto poi dire che l'alternativa alla unità ontologica è il pluralismo, cioè il divenire, cioè la differenza (che Savinio individua nelle "variazioni sceniche" di Shakespeare); 3) la differenza, la dialettica il conflitto è in effetti il fondamento della democrazia ("democratismo"); 4) giusto anche dire che gli italiani (ma anche i tedeschi!) hanno un nucleo profondo di 'unitarismo' culturale e ideologico che è stato alla base della debolezza cronica della nostra democrazia (pre- e post-fascista).
Non è giusto dare la colpa tutta alla egemonia della "mente cattolica", ma Savinio fa bene a sottolineare i limiti storici della cultura laica e latu sensu moderna dell'Italia. Scrive infatti: "l'opera di Bruno, di Campanella, di Vico, degli altri poeti e filosofi della Nuova Scienza è stata stroncata da una parte, dall'altra l'opera dell'illuminismo e del liberalismo italiano, anche per difetto di una sua profonda originalità, non trovò modo, e neppur tempo a dir il vero, di chiarire al nostro popolo le radici delle cose e il meccanismo segreto ma 'vero' della vita".
Compito impegnativo, all'indomani della caduta del regime fascista; ma non è detto che ad oltre 70 anni dai fatti siamo, in termini di cultura moderna, laica e politica, molto meglio di allora.
In Italia la democrazia c'è stata nonostante la sua cultura politica (e cultura tout court).
Ogni futuro possibile per il Paese passa per una riduzione della forbice appunto fra democrazia e cultura.

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