Gramsci v/s trasformismo

Alberto Burgio sul Manifesto riscontra gli "ultimi massicci episodi di trasformismo parlamentare", che a cominciare dal rinnegato Migliore, hanno visto passare al PD tutta Scelta Civica, pezzi di Gal, forzisti di area Verdini ecc. In verità era gente che già votava per la maggioranza, ma certo si sono vieppiù compattati nel PD; episodio questo cui ha fatto da pendant la rottura del patto con Berlusconi.
Certo il trasformismo è la tabe di sempre della politica italiana. Con questo sono tre secoli. Resta il fatto che anche oggi non c'è alternativa. Non c'è neanche un pensiero capace di pensare in termini appunto di alternativa: sociale, politica, morale.
Sempre Burgio ricorda come già Gramsci denunciasse il problema del trasformismo, inteso correttamente come la capacità delle classi dominanti di attirare a sé in forma subalterna i new comers sociali e politici. Il punto è che la lezione di Gramsci è stata stravolta nel PCI dall'egemonia di Togliatti, con le sue politiche unitarie e di 'solidarietà nazionale'. Togliatti sapeva. Sapeva come il progetto-Gramsci fosse inconciliabile con il "partito nuovo" del 1944, quello della 'svolta di Salerno'. Per questo fece 'spezzatino' dei Quaderni (edizione Editori Riuniti). Per renderne inintelligibile la portata eversiva dell''ordine nuovo' sancito dalla "svolta" del '44. 
In Burgio e non solo in questo articolo manca quello che manca in tutta la intellettualità comunista, anche più radicale, l'intelligenza di Gramsci come unica vera voce antagonista, rispetto ad una certa concezione della sinistra e più in generale dei processi di democratizzazione in Italia.
Bisogna liberare Gramsci dall'abbraccio dei gramscisti.  

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